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L'importanza della spiritualità per una felicità interiore
Fondazione Vita Serena
Pubblicato da Angelo R. in Vita serena news · Mercoledì 04 Set 2024
Da tempo non sento più parlare della spiritualità come terreno fertile che genera la felicità.
Il fondatore di Vita Serena, il signor Italo Balzaretti, aveva avuto l’intuizione geniale di porre come pilastro fondamentale della serenità interiore al Campo a Olivone la coltivazione della spiritualità. Ha voluto la presenza di un prete al Campo per proporre agli ospiti e ai volontari di percorrere una strada verso il profondo di sé, per incontrare se stessi nella stanza interiore dove abitano l’Io e Dio.
Non vi scrivo perché sono un prete, bensì per porgervi la proposta di entrare nel profondo di voi stessi per incontrare la felicità.

Il percorso per entrare nel profondo di sé è nel silenzio, perché, nel silenzio, è possibile percepire di essere noi e non un altro. Nel silenzio si può ascoltare la voce del passato e del presente. Nel silenzio si possono contemplare doni e meraviglie venuti da Dio come si possono contemplare le impronte lasciate da coloro con cui abbiamo condiviso amore.
Oggi si può scrivere l’elettrocardiogramma: la fotografia lineare dell’andamento del cuore. Anche questo viene proposto nella calma e nel silenzio di tutto il resto del corpo. Parla solo il cuore!
Nella nostra interiorità la forma della stanza è dovuta ai nostri genitori, ma il contenuto della stanza siamo noi con le nostre qualità e le nostre pieghe maldestre, e Dio che ci ha disegnato perché vivessimo oggi, in questo tempo assai difficile per l’umanità. Ci ha rivestito delle nostre doti perché ha fiducia che noi saremo capaci, con Lui, di fare cose grandi, purché percorriamo le strade del dono di noi stessi e la strada dell’amore.
Quando, nel silenzio, ascoltiamo il nostro IO, esso ci loda per tutte le cose belle che abbiamo vissuto e ci può rimproverare per non essere stati pronti a scegliere il bene o la pazienza. Non siamo stati capaci di offrire agli altri il tempo di cambiare in meglio e li abbiamo giudicati o condannati all’istante.
Ci siamo lasciati influenzare dalla tecnologia che ha solo bottoni per accendere o per spegnere, per innescare nuove attività. La persona umana non è così. Ha bisogno di ascoltare, di lasciare entrare nel profondo di sé la nuova proposta ascoltata e ha bisogno di tempo per aderire allo stile nuovo di vita.
 
Nel profondo di noi abita la nostra onestà e il dono di se stessi e siamo capaci di lodarci. Dall’esterno gli altri ci potranno vedere diversi da come noi leggiamo il nostro essere. La verità vera la sappiamo solo noi che ci vediamo dal di dentro!
Come possiamo lodare noi stessi e darci un premio per la soddisfazione dei passi in avanti, così nel profondo di noi possiamo fare scaturire il dialogo con Dio (chiamato preghiera per dare ad esso una colorazione di sacro).
La preghiera è fatta di sentimento di ringraziamento e di riconoscenza. Ci sentiamo amati dalla Presenza sacra, ci sentiamo luogo dove abita la divinità, ci sentiamo sollevati dalle nostre fatiche perché sentiamo davvero il suo aiuto.
 

Nella stanza vediamo la nostra crescita nel passare da uomo/donna a sposo/sposa, da sposo/sposa a essere padre e madre. Dentro la nostra crescita sentiamo si avere delle responsabilità, ma anche di essere pienamente noi stessi quando accogliamo la fedeltà alle nostre responsabilità. È la gioia di sentire che sono quello che dico di essere! Dio si rallegra di noi e vede in noi una persona cui affidare il futuro della storia, il domani dell’umanità.
Quanto abbiamo espresso come scoperta nel profondo di noi stessi ora lo possiamo esprimere, come ogni sentimento, all’esterno di noi stessi. Il corpo ci permette di dire, in gesti o parole, ciò che ci abita nel profondo.
Il primo modo con cui vorremmo trasmettere questi contenuti, intimi a noi soli, è la musica.
La musica è la capacità di trasmettere i sentimenti e renderli armonia, ritmo di vita, gioia che prorompe e giunge all’orecchio degli altri. La musica riesce ad unire i diversi di lingua e di cultura.
C’è chi comincia a suonare uno strumento musicale, ma c’è anche chi ascolta il mormorio di una fontana oppure la musica di un ruscello che scorre. C’è chi ascolta il fruscio del vento e sogna di percorrere le strade del mondo per dire la gioia che ha nel cuore.
Ogni volta che entriamo e siamo in una chiesa con la comunità per esprimere a Dio ciò che ci abita nel cuore, si suona musica di strumenti o si cantano parole scelte e appropriate. La musica è il veicolo del nostro sentimento anche nei confronti di Dio.
 
L’altro modo che nasce in noi è la sete di ascolto. Il silenzio è il segno della sete di ascolto dell’altro che ci abita. Ogni concerto inizia con un silenzio. È il segno della sete di voler essere riempiti dalla musica.
In chiesa, la sete di ascolto viene colmata dalla proclamazione della Parola di Dio e del Cristo che è la Parola di Dio. Nella solitudine nasce il desiderio di ascoltare Dio che parla. Dice che è sempre con te e ti ama. Dice che è Lui la forza della tua vita. È lui la luce che illumina i tuoi passi. Siamo dentro nel dialogo tra me e Lui e tra Lui e me.
Qui nasce la felicità per l’incontro con il diverso da me. Nasce la felicità per l’incontro con l’Invisibile, per l’incontro con l’immortale ed eterno. Nasce la felicità per essere, io, dimora dell’Altissimo e vortice di amore che riversa sugli altri l’amore ricevuto da Dio.
 
Il dialogo della preghiera.                             
Dio è un ospite vivente e che ama. È ospite che sazia le attese di ogni individuo. È una Persona vivente che ha la qualità di essere Padre. Ha la caratteristica di non abbandonare nessuno lungo la via della vita. È un Padre che desidera che io sia sempre con Lui. È la vita senza macchia né cattiveria che me lo fa sentire presente. Mi chiede rettitudine di vita. Mi dice che quando lascerò il corpo come dimora nella quale abito quando sono in vita, lui mi dona una dimora non più costruita da mani d’uomo che mi permette di abitare  sempre con Lui.
 
Il desiderio di dialogare con questa presenza Trascendente si chiama preghiera.
A volte è di lode, a volte è di contemplazione, a volte è un rendimento di grazie, a volte è una supplica che manifesta la mia incapacità e la mia limitatezza davanti a realtà più grandi di me come l’atrocità della guerra o l’incapacità di darmi la salute.
È questo dialogo che mi permette di dire e di ascoltare. Mi permette di ascoltare una parola di conforto, di speranza, di stimolo a continuare. È una parola che mi incita a corrispondere alle mie responsabilità, perché mi aiutano a corrispondere a me stesso e alla mia chiamata vocazionale. Riscopro la felicità di non essere da solo anche se resto nella fragilità di essere creatura.
La preghiera dona conforto, forza, serenità, perché sento che dove metto i miei passi ci sono le impronte di Colui che mi sostiene.



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